Una raccolta di racconti brevi in dialetto carrarino, nati dalla memoria
viva e affettuosa dell’autrice. Storie vere, di persone reali, luoghi
riconoscibili e vicende quotidiane che, nel loro piccolo, compongono
il grande mosaico della storia collettiva.

Tra il 1945 e il 1965, in un mondo oggi quasi scomparso, si svolgono
scene di vita semplici e toccanti, narrate con il rispetto e l’amore di
chi le ha vissute o ascoltate dalla voce degli anziani, seduti nell’aia,
quando l’ascolto era ancora un gesto di cura.

Scrivere in dialetto è per l’autrice un modo per rendere omaggio a
quella realtà, per restituirne i suoni, i colori, la verità.
Nel tempo del virtuale, questi stréf’li — letteralmente: pezzi sfilacciati
di canapa che le corde usate per la lizza lasciavano lungo il percorso
— si fanno segni concreti di una memoria che resiste.

Un libro che è insieme testimonianza, atto d’amore e invito a riscoprire
ciò che ci tiene uniti.